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A seguire, una sintesi dei principali problemi riscontrati dai cittadini in questo settore.

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A seguire, una panoramica su costo e accessibilità degli asili nido comunali.

Cittadini e asili nido comunali in Italia, tra caro rette e liste di attesa (tratto dal dossier Asili nido 2012)

Premessa

Gli asili nido comunali rivestono ormai grande interesse pubblico: in quanto servizi per l’infanzia accessibili e di buona qualità contribuiscono a conciliare in modo rilevante  vita familiare e lavorativa e quindi a promuovere una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro. La disponibilità di servizi per l’infanzia può fornire una risposta importante ai tassi di natalità decrescenti, abbassando il costo della gravidanza in termini di prospettive di carriera sul mercato del lavoro. Di recente, inoltre, si sono moltiplicati gli sforzi volti a leggere i servizi per la prima infanzia secondo una prospettiva pedagogica e sociale, in base alla quale essi non rappresentano più solo una soluzione per la custodia e la cura del bambino, ma piuttosto un contributo al suo sviluppo ed alla sua integrazione socio economica.

Asili nido, l’Europa è lontana

L'importanza di fornire adeguati servizi per l’infanzia è stata riconosciuta a livello Europeo, infatti l’Agenda di Lisbona ha definito alcuni obiettivi espliciti riguardo la loro fornitura: confermando l'obiettivo della piena occupazione, il Consiglio d'Europa ha stabilito la necessità, per tutti gli Stati membri, di rimuovere i disincentivi alla partecipazione femminile al mercato del lavoro e lo sforzo di fornire servizi per l’infanzia in misura tale da coprire, entro il 2010, almeno il 90% dei bambini fra 3 e 6 anni, ed almeno il 33% dei bambini sotto i 3 anni. L'importanza di questi obiettivi è stata ribadita dal Consiglio nelle linee guida per  l’occupazione (2008-10).

In realtà, la diffusione di tali servizi differisce in modo notevole all’interno degli Stati membri ed in molti Paesi (tra cui l’Italia) si è ancora molto lontani dall’obiettivo fissato.

L’inadeguato sviluppo dei servizi per la prima infanzia è strettamente connesso alla visione tradizionale della “cura” dei bambini, delegata esclusivamente alla famiglia. I nidi di infanzia sono presenti soprattutto nelle aree cittadine e rappresentano una sorta di “ultima spiaggia” per i genitori entrambi lavoratori.

Facendo un confronto tra i posti disponibili e la potenziale utenza (numero di bambini in età 0-3 anni) in media in Italia la copertura del servizio è del 6,5% (percentuale che sale all’13,3% se consideriamo solo i capoluoghi di provincia) con un massimo del 15,2% in Emilia Romagna ed un minimo dell’1% scarso in Calabria e Campania.

Questo dato conferma non solo quanto l’Italia sia lontana dall’obiettivo comunitario che fissa al 33% la copertura del servizio, ma anche dal resto dei Paesi europei: Danimarca, Svezia e Islanda si contraddistinguono per il più alto tasso di diffusione dei servizi per la prima infanzia (con una copertura del 50% dei bambini di età inferiore ai tre anni), seguiti da Finlandia, Paesi Bassi, Francia, Slovenia, Belgio, Regno Unito e Portogallo (con valori tra il 50% e il 25%). Percentuali comprese tra 25 e 10% si registrano, oltre che nel nostro Paese, in Lituania, Spagna, Irlanda, Austria, Ungheria e Germania. Infine, valori inferiori al 3% si riscontrano in Polonia e Repubblica Ceca.

Come già anticipato, esiste una forte correlazione tra la presenza di strutture per la prima infanzia e il tasso di occupazione femminile. I livelli dell’occupazione nazionale restano distanti dagli obiettivi fissati dal Consiglio di Lisbona nel 2000, che prevedevano il raggiungimento, entro il 2010, di un tasso di occupazione totale pari al 70 per cento, e per le donne pari al 60 per cento.

Dal rapporto Doing Better for Family, pubblicato dall’Ocse nell’aprile 2011, che ha analizzato la condizione delle famiglie dei 34 Paesi Membri, viene fuori che in Italia c’è bisogno di più politiche per conciliare lavoro e famiglie. Il nostro Paese risulta caratterizzato da un basso tasso di occupazione femminile, da un basso tasso di natalità e da un alto rischio di povertà infantile. In concreto l'Italia è ben al di sotto della media rispetto a tutti e tre gli indicatori presi in esame. Questo perchè da un lato risulta molto difficile conciliare lavoro e figli, mentre dall'altro occorrerebbe una maggiore occupazione dei genitori per ridurre il rischio di povertà infantile.

Rispetto a molti altri Paesi membri, le donne italiane risultano più in difficoltà nel conciliare figli e lavoro, e ciò comporta spesso il dover scegliere tra avere un lavoro o avere dei figli. Il risultato di questa situazione è un basso tasso di natalità (pari secondo l'Istat nel 2010 a 1,41 figli per donna) e un basso tasso di occupazione femminile (pari al 48% contro una media Ocse del 59%). I giovani italiani anche per avere una posizione lavorativa più stabile, spesso posticipano l'età in cui avere un figlio, col rischio di perdere ogni treno. Infatti, nel nostro Paese ci sono molte donne senza figli, molto più che altrove. Ad esempio quasi una donna su quattro di quelle nate nel 1965 non ha figli, contro una su dieci di quelle francesi nate nello stesso anno.

Il tasso di povertà infantile in Italia é pari al 15% ma il rischio di povertá é estremamente alto per i bambini che vivono in famiglie in cui entrambi i genitori sono disoccupati. Circa l’88% dei bambini che vivono con un genitore solo e disoccupato sono poveri (la media Ocse é 62%). Analogamente, il 79% dei bambini che vivono con due genitori disoccupati sono poveri; la percentuale scende al 22% quando solo uno dei due genitori ha un lavoro (le medie Ocse sono, rispettivamente, 50% e 17%).

L’Italia spende circa 1,4% del PIL per le famiglie con bambini, mentre nell’Ocse in media si spende il 2,2%. I genitori che hanno un lavoro hanno diritto ad 11 mesi di congedo parentale retribuito di cui 5 mesi di maternità generalmente retribuiti al 100% dello stipendio, ma la retribuzione é bassa per il resto del congedo. Circa il 29% dei bambini al di sotto dei 3 anni usufruiscono dei Servizi all’Infanzia, una cifra di molto inferiore alla percentuale dei bambini iscritti alla Scuola dell’Infanzia (il 98% dei bambini tra i 3 e i 5 anni). Solo il 6% dei bambini tra i 6 e gli 11 anni è iscritto a servizi di pre e dopo scuola, in parte a causa di finanziamenti ridotti che riducono l’offerta di questi servizi sul territorio.

I costi del servizio

302 euro al mese che, considerando 10 mesi di utilizzo del servizio, portano la spesa annua a famiglia a più di 3.000€. Tanto costa mediamente in Italia mandare il proprio figlio all’asilo nido comunale, fra difficoltà di accesso, alti costi e disparità economiche tra aree del Paese difficili da giustificare: in una provincia, la spesa mensile media per il tempo pieno può avere costi anche tre volte superiori rispetto ad un’altra provincia, e doppi tra province nell’ambito di una stessa regione.

Ad esempio, a Lecco la spesa per la retta mensile, di 547€, è 7 volte più cara rispetto a Catanzaro (70€), il triplo rispetto a Roma (146€) e più che doppia rispetto a Milano (232€). Marcate differenze anche all’interno di una stessa regione: in Veneto, la retta più cara, in vigore a Belluno (525€ mese per il tempo pieno) supera di 316€ la più economica registrata a Venezia. Analogamente nel Lazio la retta che si paga a Viterbo (396€) supera di 250€ la più economica registrata a Roma. E le differenze ci sono anche tra le realtà che hanno il tempo ridotto: al Sud, in Sicilia tra la retta di Caltanissetta (220€) e quella di Agrigento la differenza è di 130€.

L’analisi, svolta dall’Osservatorio prezzi & tariffe di Cittadinanzattiva ha considerato una famiglia tipo di tre persone (genitori e figlio 0-3 anni) con reddito lordo annuo di 44.200€ e relativo Isee di 19.900€. I dati sulle rette sono elaborati a partire da fonti ufficiali (anni scolastici 2010/11 e 2011/12) delle Amministrazioni comunali interessate all’indagine (tutti i capoluoghi di provincia). Oggetto della ricerca sono state le rette applicate al servizio di asilo nido comunale per la frequenza a tempo pieno (in media, 9 ore al giorno) e, dove non presente, a tempo ridotto (in media, 6 ore al giorno), per cinque giorni a settimana.

Tariffe in crescita. Nel 2011/12, ben 39 città hanno ritoccato all’insù le rette di frequenza, e 6 capoluoghi registrano incrementi a due cifre: Bologna (+29,7%), Vibo Valentia (+29%), Perugia (+21,8%), Genova (+15,2%), Livorno (+13,9%), Sassari (+10%). In positivo, il dato nazionale della spesa media mensile è rimasto invariato rispetto all’anno passato.

Tempo pieno, nel 2011/12 le 10 città più care

..e le meno care

Lecco

547 €

Catanzaro

70 €

Belluno

525 €

Vibo Valentia

120 €   

Sondrio 

486 €

Cagliari

133 €

Bergamo

474 €

Roma

146 €

Mantova

470 €

Reggio Calabria

158 €    

Cuneo

458 €

Chieti

162 €

Lucca

444 €

Venezia

209 €

Pisa

431 €

Salerno

218 €

Bolzano

426 €

Rovigo

219 €

Udine

424 €

Macerata

220 €

Fonte: Cittadinanzattiva-Osservatorio Prezzi & Tariffe, 2012

REGIONE

SPESA MEDIA MENSILE PER NIDO COMUNALE
2011/12

SPESA MEDIA MENSILE PER NIDO COMUNALE
2010/11

VARIAZIONE %
2011/12 su 2010/11

Abruzzo

€ 255

€ 255

+0%

Basilicata

€ 313

€ 313

+0%

Calabria

€ 114

€ 110

+3,6%

Campania

€ 212

€ 209

+1,4%

Emilia Romagna

€ 331

€ 319

+3,8%

Friuli Venezia G.

€ 380

€ 377

+0,8%

Lazio

€ 283

€ 283

+0%

Liguria

€ 340

€ 322

+5,6%

Lombardia

€ 403

€ 400

+0,8%

Marche

€ 305

€ 301

+1,3%

Molise

€ 223

€ 223

+0%

Piemonte

€ 370

€ 366

+1,1%

Puglia

€ 210

€ 235

-10,1%

Sardegna

€ 238

€ 228

+4,4%

Sicilia

€ 213

€ 216

-1,4%

Toscana

€ 351

€ 344

+2%

Trentino Alto A.*

€ 354

€ 281

-

Umbria

€ 285

€ 255

+11,8%

Valle d’Aosta

€ 413

€ 405

+2%

Veneto

€ 337

€ 337

+0%

Italia

€ 302

€ 302

+0%

Fonte: Cittadinanzattiva – Osservatorio prezzi&tariffe, 2012 - *L'importo del 2010/11 corrisponde alla retta applicata nella sola città di Trento in quanto non  è stato possibile procedere al calcolo della retta per la città di Bolzano.

 

Liste di attesa.  Dall’analisi di dati in possesso al Ministero degli Interni e relativi al 2010, emerge che il numero degli asili nido comunali ammonta a 3.623 (+6% rispetto al 2009) con una disponibilità di 141.618 posti (+3% rispetto al 2009). In media il 23,5% dei richiedenti rimane in lista d’attesa. Il poco edificante record va alla Calabria con il 39% di bimbi in lista di attesa, seguita da Campania (37%) e Sicilia (+36%).

Il commento di Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva: “Dall’indagine effettuata è evidente che ancora oggi manca nel nostro Paese un sistema di servizi per l’infanzia equamente diffuso ed accessibile su tutto il  territorio e adeguate agevolazioni fiscali a sostegno dei nuclei familiari con bambini piccoli. Le misure a favore di tali servizi rappresentano un investimento intergenerazionale che produce effetti nel lungo periodo e quindi di scarso “appeal” per una classe politica poco lungimirante e concentrata sul consenso immediato. D’altro canto la riduzione delle risorse a disposizione degli enti locali e la rigidità del patto di stabilità non aiutano a far ripartire gli investimenti in tal senso anzi contribuiscono a tagliare sempre di più le risorse destinate alla spesa sociale. Di questo passo difficilmente riusciremo a colmare il gap nei confronti dell’Europa e centrare la copertura del servizio del 33% già prevista per il 2010".

Copertura del servizio. A livello nazionale, a più di trent’anni dalla legge 1044/1971 che istituì gli asili nido comunali, se ne contano 3.623 (a fronte dei 3.800 asili pubblici previsti già per il 1976), un numero insufficiente benché in crescita rispetto ai 3.184 registrati nel 2007. Il servizio di asilo nido pubblico è presente solo nel 18% dei comuni italiani; nel loro insieme il 60% è concentrato nelle regioni settentrionali, il 27% al Centro e solo il restante 13% al Sud.

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A seguire, una sintesi dei principali problemi riscontrati dai cittadini in questo settore.

Cittadini e servizi assicurativi (sintesi Rapporto Pit 2011)

In testa col 78%, le criticità legate alle Rc auto soprattutto a causa dell’aumento del premio assicurativo (che passa dall’8% al 33%), la liquidazione del sinistro e il recesso. Seguono le polizze Vita, infortuni e salute (col 22%) e  le lamentele riguardano maggiormente la liquidazione che dal 27% del 2009 balza al 39%.

 

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A seguire, una sintesi dei principali problemi riscontrati dai cittadini in questo settore.

Cittadini alle prese con contratti, beni e prodotti (sintesi Rapporto Pit 2011)

Il settore dei beni e dei contratti, in tema di segnalazioni, pur non assumendo la stessa rilevanza di altri settori, riesce comunque a fotografare una realtà sociale di un paese giunto ad un punto di stallo, dove la crisi economica ancora in essere si ripercuote quotidianamente sulla società e sui cittadini, generando una cristallizzazione del settore e delle scelte dei consumatori, completamente impotenti di agire.

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Il settore dei servizi energetici ha assunto un’importanza sempre maggiore nel panorama dei servizi al cittadino, soprattutto in relazione all’andamento del prezzo delle materie prime che negli ultimi tempi hanno evidenziato la grande incidenza sul bilancio familiare della bolletta elettrica e del gas.

Dal 1 luglio 2007, come previsto anche da una Direttiva europea, il mercato dell’elettricità è diventato libero per i clienti domestici, cioè per i consumatori che acquistano energia elettrica per rifornire un’abitazione civile. Ogni cittadino è quindi libero di acquistare energia da un venditore diverso rispetto a quello da cui è stato rifornito sino al 1° luglio, potendo così scegliere liberamente tra le diverse offerte commerciali che i diversi rivenditori di energia propongono.

The energy services sector has become increasingly important among the public services, especially in relation to the price of raw materials that in recent years has shown the great impact on the family budget bill for electricity and gas.

After the liberalization introduced by the European Union, in Italy since 2004 all consumers have the right to freely choose their gas supplier, and since 2007 that one for electricity. The years pass, but there are still many people struggling with the lack of knowledge and distrust of the free market.

Below is a summary of the main problems encountered by citizens struggling with the energy market.

 

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Nursery in Italy, Europe is far (Annual Report, 2012)

European targets are still far about the kindergartens. A key tool – that of the structures designed to accommodate children – to guarantee support for women’s employment and the birth rate, which is still widespread in a very different way on the Italian territory. This is the scenario emerging from the dossier by Cittadinanzattiva’s Observatory prices & rates about the supply of municipal facilities. The research takes into account the availability in various areas (provinces, provincial capitals and regions) the lines of frequency, based on data from the Ministry of the Interior and those taken from the VI monitoring conducted by Cittadinanzattiva. 

The importance of providing adequate services for children has been recognized at European level, in fact the Lisbon Agenda has established some explicit objectives regarding their supply: confirming the full employment objective, the Council of Europe has established the need for all Member states to remove disincentives to female participation in the labor market and the effort to provide child care services to such an extent as to cover, by 2010, at least 90% of children between 3 and 6 years, and at least 33% of children under 3 years. The importance of these objectives has been reiterated by the Council in the guidelines for employment (2008-10).

In reality, the spread of these services significantly differs within United States and in many countries (including Italy) is still far from the aim fixed.

Inadequate development of services for young children is strictly linked to the traditional view of the “care” of children, exclusively delegated to the family. Nursery are mostly found in urban areas and represent a kind of “last resort” for both children and working parents.

Making a comparison between the available places and the potential users (number of children 0-3 years old) the Italian media service coverage is 6.5% (a percentage that rises until 13,3% if we only consider provincial capitals) with a maximum of 15,2% in Emilia Romagna and a minimum of 1% in Calabria and Campania.

This data confirms  not only how Italy is far from the European aim which sets a 33% service coverage, but also from other European countries: Denmark, Sweden and Iceland distinguish by the highest rate of diffusion of services for early childhood (with a coverage of 50% of children under 3 years of age), followed by Finland, Netherlands, France, Slovenia, Belgium, United Kingdom and Portugal ( with values between 50% and 25%). Percentages ranging from 25% and 10% are recorded, as well and in Italy, Lithuania, Spain, Ireland, Austria, Hungary and Germany. Finally, values below 3% are found in Poland and the Czech Republic.

As already mentioned, there is a strong correlation between the presence of facilities for early childhood education and the female employment rate. The national employment levels remain distant from the objectives set by the Lisbon Council in 2000, which included the achievement by 2010 of a total employment rate of 70%, and for women at 60%.

From Doing Better for Family report, published by OECD in April 2011, which analyzed the condition of the families of the 34 member countries, it turns out that in Italy there is a need for more policies to reconcile work and family. Our country is characterized by a low rate of female employment, a low birth rate and a high risk of child poverty. Concretely, Italy is well below the average compared all three indicators examined. This is because on the one hand it is very difficult to reconcile work and children, while on the other side it should be necessary more employment of parents to reduce the risk of child poverty.

Compared to many other member countries, Italian women appear to be less able to combine children and work, and this often involves to choose between having a job or having children. The result of this situation is a low birth rate (according to ISTAT, equal to 1,41 children per woman in 2010) and a low rate of female employment (48% against an OECD average of 59%). Young Italian to have a more stable job position, often postpone the age at wich to have child, risking to lose all trains. In fact, in our country there are many women without any children, much more than elsewhere. For example, almost one woman in four of those born in 1965 has no children, compared one in ten of the French born in the same year.

Child poverty is 15% in Italy, but poverty risks are very high when children live in families where parents are not in paid work. Poverty affects about 88% of children in jobless sole parent families (the OECD average is 62%). Similarly, 79% of children in two-parent families live in poor households when neither parent is working, as do 22% of children when only one parent is working (the OECD averages are 50% and 17% respectively ).

Italy spends around 1.4% of GDP for families with children, which is below the 2.2% invested in families on average across the OECD. Working parents can take up to 11 months of parental leave, including 5 months of maternity leave usually at full pay, but payment rates for the rest of the parental leave period are low. About 29% of all children under age 3 participate in formal childcare, but that is much lower than the number of children who attend Scuola dell'Infanza (98% of the children aged 3 to 5). Limited public support for out-of-school hours care means that only 6% of children age 6 to 11 use such services.

The costs of the service

€302 per month that, considering 10 months of use of the service, bring the annual cost per family to more than €3000,00. This is the Italian cost to send their children to kindergarten municipal nursery, including the difficult access, high cost and economic differences among areas of the country hard to justify: in a province, the monthly average expenditure for the full-time may have cost up to three times higher than in another province, and two between provinces within the same region.

For example, in Lecco the monthly fee of €547 is 7 times more expensive than in Catanzaro (€70), three times in Rome (€146) and more than double in Milan (€232). There are marked differences even within the same region: in Veneto, the most expensive line, in force in Belluno (€525 month for full-time) exceed €316 cheaper recorded in Venice. Similar, in Lazio the fee you pay in Viterbo (€396) exceeds €250 cheaper recorded in Rome. And there are also differences among groups which have reduced time: in the south, in Sicily between the fee of Caltanissetta (€220) and that one of Agrigento the difference is of €130.

The analysis, carried out by the Observatory prices and rates of Cittadinanzattiva considered a typical family of three people (parents and children 0-3 years old) with gross annual income of €44,200 and €19,900 for the ISEE. The data lines are drawn from official sources (school year 2010711 and 2011/12) of municipal administration involved in the survey (all provincial capital). The research has been applied to the fee of municipal nursery service for full-time attendance (on average 9 hours per day) and, where present, part-time (on average 6 hours per day) for five days a week.

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Tempo pieno, nel 2011/12 le 10 città più care

..e le meno care

Lecco

547 €

Catanzaro

70 €

Belluno

525 €

Vibo Valentia

120 €   

Sondrio 

486 €

Cagliari

133 €

Bergamo

474 €

Roma

146 €

Mantova

470 €

Reggio Calabria

158 €    

Cuneo

458 €

Chieti

162 €

Lucca

444 €

Venezia

209 €

Pisa

431 €

Salerno

218 €

Bolzano

426 €

Rovigo

219 €

Udine

424 €

Macerata

220 €

Source: Cittadinanzattiva-Osservatorio Prezzi & Tariffe, 2012

REGIONE

SPESA MEDIA MENSILE PER NIDO COMUNALE
2011/12

SPESA MEDIA MENSILE PER NIDO COMUNALE
2010/11

VARIAZIONE %
2011/12 su 2010/11

Abruzzo

€ 255

€ 255

+0%

Basilicata

€ 313

€ 313

+0%

Calabria

€ 114

€ 110

+3,6%

Campania

€ 212

€ 209

+1,4%

Emilia Romagna

€ 331

€ 319

+3,8%

Friuli Venezia G.

€ 380

€ 377

+0,8%

Lazio

€ 283

€ 283

+0%

Liguria

€ 340

€ 322

+5,6%

Lombardia

€ 403

€ 400

+0,8%

Marche

€ 305

€ 301

+1,3%

Molise

€ 223

€ 223

+0%

Piemonte

€ 370

€ 366

+1,1%

Puglia

€ 210

€ 235

-10,1%

Sardegna

€ 238

€ 228

+4,4%

Sicilia

€ 213

€ 216

-1,4%

Toscana

€ 351

€ 344

+2%

Trentino Alto A.*

€ 354

€ 281

-

Umbria

€ 285

€ 255

+11,8%

Valle d’Aosta

€ 413

€ 405

+2%

Veneto

€ 337

€ 337

+0%

Italia

€ 302

€ 302

+0%

Fonte: Cittadinanzattiva – Osservatorio prezzi&tariffe, 2012 - *L'importo del 2010/11 corrisponde alla retta applicata nella sola città di Trento in quanto non  è stato possibile procedere al calcolo della retta per la città di Bolzano.

 

Growth rates. In 2011/12, 39 cities have revised upward the fee of frequency, and 6 capital recorded double-digit increases: Bologna (+29.7%), Vibo Valentia (+29%), Perugia (+21.8%), Genoa (+15.2%), Livorno (+13.9%), Sassari (+10%). On the positive side, the national average monthly expenditure was unchanged compared to last year.

 

Waiting list.  On the analysis of data avilable to the Ministry of Interior for 2010, it emerges that the number of public nurseries amounted to 3,623 (+6% compared to 2009) with an availability of 141,618 people (+3% compared to 2009). About 23.5% of applicants remain on the waiting list. The less edifying record goes to Calabria with 39% of children on the waiting list, followed by Campania (37%) and Sicily (+36%).

 

The comment by Antonio Gaudioso, General Secretary of Cittadinanzattiva: “from the survey carried out it is clear that our country still lack a system of services for children equitably distributed and accessible throughout and appropriate fiscal measures to support families with young children. The measures for these services represent an intergenerational investment that effects in the long term and therefore of little “appeal” to a political class short-sighted and focused on the immediate consensus. On the other hand the reduction of resources ailable to local authorities and the rigidity of the Stability Pact doesn’t help to restart investment in this sense, instead they help to cut more and more resources for social spending. At this rate we can hardly fill the gap with Europe and center the service coverage of 33% already in 2010”.

Service coverage. Nationally, at more than thirty years by law 1044/1971 which established the public nurseries, there are about 3,623 (compared to 3,800 public kindergarten already planned for 1976), an insufficient number although an increase compared to 3184 registered in 2007. The public nursery service is present only in 18% of Italian municipalities, as a whole, 60% is concentrated in the northern regions, 27% in the center and only the remaining 13% in the South.

(Written in November, 2012)

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I servizi pubblici alla prova del quotidiano: telecomunicazioni ed energia al top nella classifica dei disservizi. Pratiche commerciali sempre più aggressive e  cittadini senza tutele.

Aziende incattivite dalla crisi e consumatori allo sbaraglio, sul fronte economico e delle tutele. E’ l’effetto della crisi che emerge dalla XII Relazione PIT servizi 2012 “Servizi e cittadini: lo spread dei diritti” presentata in data 13 settembre 2012 a Roma da Cittadinanzattiva.

Qualche esempio: in crescita le pratiche commerciali illecite (+7% nel settore dell’energia elettrica, +6% nel settore della telefonia) e di quelle aggressive (rispettivamente +15%, +13%). Non meglio sul versante dei servizi pubblici locali, gli enti locali sono a corto di fondi ed erogano servizi a costi sempre più elevati a fronte di qualità scadente: crescono, al proposito, del 15% (40% vs 25%) le contestazioni su errate fatturazioni nelle bollette dell’acqua, e dell’8% (35% vs 27%) le segnalazioni su tariffe elevate per i rifiuti.

I costi pagati dal cittadino sono altissimi: fino a 300 euro per disdire un contratto di telefonia fissa, fino a 7 mesi per ottenere l’effettiva erogazione di un mutuo, 5 anni per un rimborso Irpef.

Nel 2011 le telecomunicazioni si confermano in testa alla classifica dei servizi peggiori dell’anno, raccogliendo il 22% delle circa 8600 segnalazioni giunte al Pit servizi. Seguono  l’energia (17%), i servizi bancari e finanziari (15%) e la pubblica amministrazione (13%). Non ci fanno bella figura nemmeno i servizi pubblici locali (12%) e i trasporti (9%); in coda alle segnalazioni i servizi assicurativi (5%), quelli postali (4%) e i beni e contratti (3%). Online su www.cittadinanzattiva.it il dossier completo.

“La perdurante crisi economica, così come evidenziato dai dati del rapporto, sta mettendo in discussione l’equilibrio tra mercato, democrazia e coesione sociale sul quale l’Europa si regge dal secondo dopoguerra”, ha dichiarato Tina Napoli, neo responsabile delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva. “Dal nostro osservatorio è evidente che i diritti dei consumatori stanno facendo passi indietro: non solo i cittadini devono fronteggiare ogni giorno la crisi, ma da un anno a questa parte abbiamo notato che devono difendersi dai comportamenti sempre più aggressivi con i quali le aziende non solo private cercano di acquisire clienti.  Ogni soggetto del mercato (istituzioni, aziende, associazioni di consumatori, singoli consumatori, Autorità di vigilanza) ha la responsabilità di vigilare affinché la “crisi” non diventi una scusa per imporre pratiche commerciali scorrette ma un’occasione per rimettere in discussione modelli e comportamenti di mercato oramai al capolinea, contribuendo a costruire fiducia, declinando in maniera concreta il concetto di “sostenibilità”, e mettendo al centro, così come richiesto anche dall’ Europa, il coinvolgimento dei cittadini”.

SPREAD E DISSERVIZI SETTORE PER SETTORE

 

gli ambiti delle segnalazioni 
Fonte: Cittadinanzattiva, XII Relazione PiT Servizi

 

Telecomunicazioni (22%, +1% sul 2010)

Anche nel 2011 il settore si conferma come il più critico per i cittadini. In particolare i disservizi sono segnalati con maggior frequenza nell’ambito della telefonia fissa che raccoglie ben il 62% delle lamentele (rispetto al 48% del 2010). I cittadini faticano in particolare a disdire un contratto (25%) e a cambiare operatore (24%). I costi finali che l’utente deve sostenere per passare ad un nuovo operatore, in barba alla legge Bersani, variano tra i 50 e i 100 euro, con picchi fino a 300 euro. In questo settore è evidente, più che in altri, quanto la recessione economica induca le aziende ad adottare pratiche commerciali aggressive per far sottoscrivere contratti e, nello stesso tempo, tener ben stretti i clienti  acquisiti con procedure al limite del lecito e “lucrando” ove possibile sulla bolletta: la contestazione di importi non dovuti in bolletta è il reclamo più di frequente segnalato dai cittadini (si passa dal 34% del 2010 al 45%). Stessi problemi nella telefonia mobile (18%, -4%), dove le principali criticità sono segnalate per il cambio operatore (23%), per la scarsa trasparenza della bolletta (21%) e per la disdetta dei contratti (16%, +8% rispetto al 2010). Segue l’ambito di internet (14% nel comparto delle tlc), condizionato in particolar modo dalla cattiva copertura dell’Adsl (38%, +8%), e dalle frodi online, praticamente inesistenti nella lamentele del 2010 e schizzate al 25% nell’ultimo anno. Le stesse fanno riferimento all’estorsione di dati privati tramite siti fraudolenti e alla richiesta di pagamenti per scaricare programmi apparentemente gratuiti. I servizi televisivi raccolgono il 6% delle segnalazioni (-4%), a pesare negativamente la scarsa qualità del servizio offerto dalle pay tv e dal digitale terrestre.

 

Energia (17%, +1%)

E’ al secondo posto nella classifica dei servizi più critici per il cittadino (l’anno scorso era al terzo, preceduta dai servizi bancari e finanziari). Energia elettrica (55%, -13% sul 2010) e gas (45%, +13%) i due settori interessati. Elettricità: Il nodo più critico resta la bolletta (40%, +2%), con errori nel conguaglio, scarsa trasparenza delle voci ed errata fatturazione. Ma ci sono problemi anche per il cambio di fornitore (17%), l’interruzione del servizio (12%), le tariffe elevate (10%). Gas: le segnalazioni sono in costante aumento da almeno due anni. I principali problemi riguardano la bolletta (41%), con errori nel conguaglio, mancata o errata fatturazione, la scarsa trasparenza delle voci. Seguono i problemi per il cambio fornitore (21%), per l’allaccio/voltura e subentro (14%) e per l’interruzione del servizio (9%).

Banche e finanziarie (15%, -1%)

Scende di un posto rispetto al 2010 nella classifica dei disservizi. A pesare è la crisi economica: mentre diminuiscono le segnalazioni sui mutui (31%, -14% rispetto al 2010) che le banche concedono sempre meno e i cittadini sempre meno possono permettersi, crescono le segnalazioni sul credito al consumo (30%, +7%). Alcune società finanziarie infatti lo concedono anche in assenza di garanzie minime, favorendo il sovraindebitamento dei consumatori. Mutui: i cittadini, alle prese con difficoltà economiche, segnalano difficoltà nel rinegoziazione (26%), nella liquidazione (21%) del mutuo approvato i cui tempi si allungano da 5 a 7 mesi, nella portabilità (13%) e per l’estinzione anticipata (13%), nonché i tassi elevati (8%) e le spese accessorie (3%). Un 16% chiede chiarimenti ed informazioni sulla possibilità di accedere alle misure anticrisi. Credito al consumo: le principali criticità riguardano l’iscrizione alla banca dati cattivi pagatori (47%), il sovrandebitamento (24%), la mancata trasparenza delle condizioni (19%) e i tassi elevati (10%).

Seguono le lamentele su conti corrente (23%) in particolare per le difficoltà nella chiusura del conto (26%), per le commissioni di massimo scoperto (21%), per la clonazione delle carte (14%).

Pubblica amministrazione (13%, +1%)

È al quarto posto fra i settori più critici: fisco (30%), pratiche amministrative (20%), multe (19%), welfare (12%), scuola (9%), ambiente (8%) sono gli ambiti più segnalati.

Fisco: seppur in diminuzione rispetto allo scorso anno (-5%), è la voce che pesa di più nell’ambito della PA. Nell’occhio del ciclone la scarsa chiarezza e trasparenza delle cartelle esattoriali (40%), il canone rai (27%), considerato troppo oneroso, e i rimborsi Irpef (12%) per i quali i cittadini possono attendere anche 5 anni.

Le segnalazioni sulle pratiche amministrative sono accomunate dai ritardi e dalla scarsa trasparenza dei procedimenti. In particolare le criticità sono segnalate per il rilascio/rinnovo dei documenti (37%), nella richiesta di cittadinanza/permesso di soggiorno (24%), nell’accesso ai documenti (21%) e nel cambio residenza (10%, +5%).

Le multe sono oggetto di segnalazione perchè considerate irregolari dai cittadini che nell’85% dei casi chiedono chiarimenti sulle procedure per contestarle e nel 15% sulla regolarità degli strumenti con cui vengono comminate.

Servizi pubblici locali (12%, -5%)

Seppur in diminuzione, le segnalazioni sui servizi pubblici locali si contraddistinguono per una forte disomogeneità nei diversi ambiti: crescono le criticità sull’acqua (39%, +11%), sui trasporti pubblici locali (25%, +12%), diminuiscono quelle sui rifiuti (15%, -15%); seguono le lamentele sulle imposte locali e l’edilizia popolare (entrambi al 6%), la viabilità urbana (4%), i parcheggi (3%), gli asili nido e i taxi (1%). Acqua: errori di fatturazione (40%) e tariffe elevate (19%) sono le lamentele più frequenti. E se rispetto al 2010 diminuiscono le segnalazioni di mancata potabilità (5% vs 12%), crescono i casi di interruzione del servizio (18% vs 13%). L’acqua è davvero uno specchio: di un Paese in cui si paga troppo per servizi scadenti. Trasporti pubblici locali: un cittadino su quattro lamenta disservizi in questo settore, in particolare legati alla irregolarità (34%) e numerosità (28%) delle corse, alle condizioni igieniche dei mezzi (14%), alle condizioni delle fermate (13%), al servizio clienti (6%) e alle barriere architettoniche (5%). Fermandoci alle prime due aree, regolarità e numerosità delle corse, che da sole raccolgono oltre il 60% delle segnalazioni sul trasporto pubblico locale, è evidente che i cittadini non reggono più quello che di fatto è un disservizio costante delle nostre città: il costo del carburante ci dovrebbe far lasciare la macchina in garage, ma di fatto siamo costretti a prenderla perchè i mezzi pubblici sono da terzo mondo.Rifiuti: seppur il settore raccolga la metà delle segnalazioni rispetto al 2010 (15% vs 30%), vale il principio, come per l’acqua, che si paga troppo per un servizio scadente: i cittadini infatti protestano per le tariffe elevate (35%) a cui fa da contraltare l’assenza della raccolta differenziata (20%) e la scarsa qualità della stessa (il 17% segnala le pessime condizioni dei cassonetti e il 14% un irregolare servizio di raccolta della spazzatura).

 

Trasporti (9%, -1%)

In questo ambito, le segnalazioni fanno riferimento in gran parte al trasporto aereo (44%) e a quello ferroviario (41%), a seguire il trasporto marittimo (11%).

ritardi sono in testa alle lamentele nel settore ed incidono per il 26% trasporto aereo e per il 29% in quello ferroviario. Seguono come carenze del trasporto aereo: la cancellazione del volo (19%), lo smarrimento dei bagagli (18%), l’overbooking (16%), i rimborsi (13%). Sul trasporto ferroviario, dopo i ritardi, pesa la carenza del servizio (21%), l’aumento delle tariffe (18%), le difficoltà ad ottenere i rimborsi (16%), le condizioni igieniche dei treni (8%).

Vuoi saperne di più in tema di servizi postali?

  • Guide utili

A seguire, una sintesi dei principali problemi riscontrati dai cittadini in questo settore.

Cittadini e servizi postali (sintesi Rapporto Pit 2011)
I disservizi legati alle poste ottengono il 4% delle segnalazioni, concentrate per il 47% nell’ambito dei prodotti postali, per il 23% in quello dei prodotti Bancoposta e per il 30% riguardano gli uffici postali, dato quest’ultimo in aumento del 6%.

 

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  • Conciliazione

A seguire, una sintesi dei principali problemi riscontrati dai cittadini in questo settore.

Cittadini e Pubblica Amministrazione (sintesi Rapporto Pit 2011)

Stabile come percentuale di segnalazioni rispetto al 2009, la Pubblica Amministrazione è al quarto posto tra gli ambiti più criticati, con circa il 12% del totale dei reclami. Sempre le stesse sono le criticità emerse dal rapporto, diffuse tra i sei macro ambiti della PA: il fisco si guadagna il 35% delle segnalazioni, le multe il 20%, il welfare il 17%, le pratiche amministrative sono al 13%, in coda ambiente e scuola rispettivamente col 9% e col 4%.

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