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L'eccessiva durata dei processi civili provoca un grave deficit di tutela dei diritti patrimoniali, influenzando significativamente il sistema economico italiano e la capacità del Paese di attirare investimenti.
Le inefficienze del sistema giustizia e l'incertezza del diritto, infatti, ostacolano l'accesso al credito bancario e condizionano i comportamenti delle aziende che operano in Italia, le cui scelte sono indirizzate dalla necessità di scongiurare il giudizio.

Ne risulta minata la regolarità delle transazioni, aumentano i costi a fronte di maggiori garanzie di adempimento e della previsione di clausole arbitrali, si altera la composizione e la fisionomia stessa delle aggregazioni aziendali.

 

Al contempo, in un paese in cui sono necessari in media 1.250 giorni per il recupero di un credito di natura commerciale, il capitale privato internazionale è totalmente disincentivato ad investire. Ne consegue una consistente perdita di produttività e competitività del sistema Paese1.

Nel nostro paese, la durata media dei processi civili ammonta a circa tre anni; in ragione di questo record negativo, l'Italia è collocata al 157° posto su 183 nazioni nella graduatoria annuale della Banca Mondiale e rappresenta, al contempo, il fanalino di coda dei paesi dell'OCSE.

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Il grafico fornisce una fotografia impietosa dell'enorme divario tra l'Italia e gli altri paesi avanzati, illustrando in modo lampante il primato italiano per i tempi più lunghi delle cause civili ed i costi più elevati.

Sulla stessa lunghezza d'onda, nel contesto europeo, sia la Commissione Europea sia il Consiglio hanno evidenziato la necessità che l'Italia adotti misure volte a ridurre la durata delle procedure di applicazione del diritto contrattuale, la cui eccessiva lunghezza rappresenta uno dei profili di debolezza del nostro contesto imprenditoriale2.

Analogamente, la Banca d'Italia ha prodotto negli ultimi anni numerosi studi a riguardo, in quanto l'inefficienza della giustizia civile, quale "pilastro tra le istituzioni di un'economia di mercato" mette seriamente in discussione "diritti di proprietà, contratti, promozione della concorrenza".

Altrettanto impressionante è la mole del contenzioso in Italia: secondo il Rapporto 2010 della Cepej, la Commissione che monitora l'efficienza della giustizia di 47 paesi europei, nel nostro Paese vengono annualmente avviate 4.809 cause civili ogni 100.000 abitanti, a fronte delle 3.961 del Regno Unito, delle 2.672 della Francia e delle 2.345 della Germania.

Al di là di un leggero calo rispetto al picco registrato alla fine del 2009, sventolato dall'ex Ministro della Giustizia Alfano come una grande vittoria del suo Dicastero, resta impressionante il dato relativo al numero delle cause pendenti, che al 30 giugno 2010, ammontavano a 5.600.6163.

Tra fascicoli nuovi e processi pendenti, l'arretrato prosegue inesorabilmente ad accumularsi, con il risultato che in Italia, secondo le stime della Cepei, sono 533 i giorni di attesa per la pronuncia di una sentenza di primo grado.

I dati generali trovano conferma nelle segnalazioni dei cittadini in merito ai tempi dei procedimenti civili, registrate dal PiT Giustizia di Cittadinanzattiva. In particolare, nel corso dell'ultimo anno di attività, le segnalazioni sulle cause civili la cui durata oscilla tra uno e cinque anni di pendenza, che nel 2009 coprivano il 36% del totale, sono aumentate di ben 24 punti percentuali, arrivando al 50% nel 2010.

In merito alla lunghezza dei processi civili in Italia, la Corte di Strasburgo ha rilevato numerose volte la presenza di lacune strutturali nell'ordinamento nazionale, esortando l'assunzione di misure risolutive di sistema, non soltanto riparatorie del diritto dei ricorrenti.

In realtà, il rimedio interno alla violazione della ragionevole durata del processo, adottato con la legge n. 89/2001 (c.d. Legge Pinto), ha natura meramente indennitaria, non interviene in alcun modo sul piano strutturale. Con la conseguenza che il meccanismo introdotto ha generato un ulteriore enorme costo a carico dello stato, con nuove ricadute sul sistema economico e sociale del paese4. Paradossalmente peraltro, il rimedio, piuttosto che migliorare i tempi della giustizia italiana, ha prodotto un'ulteriore patologia: il cosiddetto fenomeno della "legge Pinto al quadrato", relativo a richieste di risarcimento per il ritardo nella definizione, oltre che della prima causa, anche della seconda causa, avente ad oggetto, appunto il ritardo della prima.

Anche le numerose riforme del processo civile che si sono susseguite negli ultimi anni, tutte più o meno apertamente orientate dalle raccomandazioni delle Istituzioni Europee, muovono dalla dichiarata intenzione del legislatore di rendere la giustizia italiana più celere ed efficiente; invero, i dati dimostrano quanto tale intenzione risulti regolarmente disattesa.

Per quanto concerne l'ultima riforma del codice di procedura civile, approvata nel 2009, con la quale si è introdotto il processo sommario di cognizione, essa non sembra finora avere prodotto risultati significativi. Le potenzialità deflattive della mediazione obbligatoria nelle controversie di natura civile e commerciale, al di là dei limiti dell'istituto come disciplinato dal D.lgs. n. 28/2010 ed al quale è dedicata una trattazione a parte 5, andranno invece verificate dopo un periodo sufficiente di sperimentazione.

Al di fuori delle considerazioni in merito ai punti di forza e debolezza del nuovo istituto, in generale, il ricorso alle tecniche di risoluzione alternativa delle controversie va certamente incoraggiato e valorizzato, ne è prova l'esperienza positiva maturata nel settore della conciliazione paritetica da Cittadinanzattiva, che nel corso degli anni ha implementato numerosi protocolli di conciliazione in materia di consumo.

 

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1Secondo le stime di Confartigianato, la lentezza dei processi civili costa alle imprese italiane 2,3 miliardi di euro.

2Raccomandazioni per l'Italia in adempimento della Strategia Europa 2020.

3Relazione al Parlamento del Ministro della Giustizia, 18 febbraio 2011.

4Con riferimento al periodo 2002-06, gli esborsi per indennizzi ammontavano a 41,5 milioni di euro. Nel 2008 il montante è raddoppiato, salendo a 81,3 milioni. Complessivamente, fino al 2008, considerando ulteriori 36,6 milioni ancora dovuti dal Ministero della Giustizia, il costo per le casse dello Stato è stato di quasi 188 milioni di euro.

5Vedi quaderno "Sette diritti per una nuova giustizia. I cittadini alle prese con la mediazione in sanità"