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Forse è la prima volta in Italia che l’art.49 della Costituzione trova una applicazione così vicina alla sua formulazione letterale: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la direzione politica nazionale”.

Concorrere liberamente per scegliere chi sarà candidato a presiedere il governo. Prima di queste, le sole primarie “vere” furono quelle pugliesi, dove per due volte Vendola ha sconfitto le diverse scelte dei vertici dei partiti della sua coalizione. A livello nazionale quindi questa è la prima volta (quelle che “incoronarono” Prodi, e poi Veltroni furono un bagno di consensi di base per candidati già prescelti dalle dirigenze). La prima volta vera dunque. Onore a Bersani, che ha rinunciato a garanzie di statuto per “mettersi in gioco” davvero. E complimenti a Renzi che non si è lasciato intimidire dai “maggiorenti” e ha dato con la sua candidatura una possibilità reale agli elettori del centrosinistra di promuovere un rinnovamento effettivo. Questo risultato è già raggiunto. Con i 3 milioni e 100mila partecipanti, i cinque candidati di queste primarie e soprattutto i due, che andranno al ballottaggio, hanno quindi già fatto del bene ai loro partiti e, quel che più conta, a tutto il sistema politico italiano. Non penso infatti solo alla possibilità di una vittoria elettorale, che appare più vicina, ma a un cambiamento in tutto il gioco della rappresentanza. Infatti, può darsi che il contraccolpo sul centro-destra sia vicino e decisivo, ma tanto peggio per loro se tornano indietro, all’autocandidatura di un “padrone” delle liste: primarie vere – e di gran successo – dell’altra coalizione hanno già voltato pagina alla storia sofferta e deprimente della cosiddetta seconda Repubblica.
Quanto sia stata avvilente la storia di questi quasi vent’anni è perfino difficile da raccontare. All’inizio dei corsi di lezioni, da anni, chiedo ai miei studenti una definizione di politica, e scrivo alla lavagna i risultati, da uno a dieci: non c'è mai stata una voce positiva, mai una speranza. Disprezzo, cinismo, rassegnazione, ammiccamenti: sentimenti che deturpano i volti, tolgono trasparenza agli sguardi di ragazze e ragazzi di diciotto-vent’anni. I “politicanti” di questi decenni hanno questa colpa soprattutto: hanno tolto ai giovani  i loro occhi splendenti, aperti con fiducia sul domani. I gruppi dirigenti delle organizzazioni di potere che, alla scomparsa dei partiti costituenti, si sono disputate ruoli di governo e posti di sottogoverno, con l’arroganza, l’avidità e la miopia che abbiamo visto, passano alla storia come i peggiori che il paese abbia mai avuto nella vicenda repubblicana. Perfino gli “imprenditori politici” della protesta e della voglia di cambiamento (come la Lega, l’Italia dei valori, e oggi Grillo) hanno portato i cittadini a sentimenti gretti, a visioni ristrette, a rancori, a paure, a gesti di rottura esasperata o alla fuga dalla partecipazione, dalla voglia di competizione responsabile per il bene comune.
Il messaggio simbolico di queste primarie dunque va al di là dell’ovvio significato che la partecipazione migliora la democrazia e i suoi attori partitici. Il messaggio va più in fondo: la politica può essere altro da quella che abbiamo conosciuto nella prima come nella seconda Repubblica. I partiti della Costituzione hanno dato luogo a gerontocrazie, facce di sfinge, che hanno attraversato immobili i decenni, conservando per sé di fatto o di diritto un “posto” a vita in parlamento. Il Pci, che pure aveva larghe basi popolari, fu “cancellato”  da quella che poi s’è rivelata una “cospirazione” dei trenta-cinquantenni contro una Curia opprimente e chiusa in se stessa da decenni. La retorica di quel partito, che si dichiarava retto da un “centralismo democratico”, svuotava il valore degli “organismi dirigenti” disegnati in statuto, per salvaguardare e perpetuare le lotte e le complicità di un ristretto “gruppo dirigente” il cui collante era la cooptazione tra politici di professione. Forse non è un caso che, proprio dalle ceneri di quella esperienza, oggi parta una modalità che assicura da simili esiti. Il gruppo dirigente non si costituirà più per reciproche convenienze dei membri della oligarchia. Chi di spada ferisce: anche questo ha un significato, quelli che si proposero come il “nuovo che avanza” sono “rottamati” con lo stesso argomento. Che però subito si spunta, se il confronto tra generazioni si fa su proposte politiche rese chiare e decidibili dalla partecipazione di tutti quelli che vogliono costruire la strada del domani.
L'affluenza così alta a primarie vere, per la scelta del candidato alla presidenza del governo prossimo, è tanto più significativa in un paese che ha cancellato il diritto dell’elettore di scegliere i rappresentanti: col Mattarellum o col Porcellum, la chiara scelta del referendum popolare del 1991 per assicurare una preferenza unica fu ignorata, calpestata. E negli inciuci in corso per una riforma elettorale (ma chi la farà?!) ci sono ora molti ex-democristiani che tentano di reintrodurre le due-tre preferenze, per dare corso ai sistemi delle correnti e delle cordate di potere. Dopo queste primarie potremo dare fiato a una rivendicazione ben più imperiosa del potere di scelta delle persone. Più o meno velocemente, il metodo si dovrà estendere anche alla scelta di segretari di partito (già lo annuncia Bersani) e comunque di candidati a elezioni di ogni livello. Il nostro movimento pochi anni fa aveva presentato una proposta di revisione costituzionale per la introduzione nella Carta di questa garanzia della partecipazione dei cittadini alla scelta dei governanti. E’ ora di riprenderla, ci saranno tante più orecchie disposte ad ascoltare.
E la cittadinanza attiva, che da un quarto di secolo ha attraversato come un lungo deserto, ove la pianticella della democrazia non poteva crescere, ora può finalmente respirare. Con rappresentanze politiche espressive di libere scelte dei militanti, e non inchiodate a patti tra oligarchi, le autonome iniziative civiche possono trovare orecchi e sponde adeguate. La politica ha bisogno infatti di forze autonome alla base e di rappresentanti degni di questo nome. Senza enfasi, e senza cessare di premere e vigilare: il 25 novembre in Italia è cominciata una nuova storia.

Di Peppino Cotturri, componente della Direzione di Cittadinanzattiva