Consumatori

In questi giorni Cittadinanzattiva ha partecipato a numerosi dibattiti televisivi riguardanti la privatizzazione del servizio idrico integrato. Abbiamo parlato con giornalisti, politici e tecnici. Ognuno di quelli che difendono la nuova legge, si arrampicato sugli specchi a spiegare che mediante l'attribuzione del servizio tramite gara e la riduzione della partecipazione pubblica nelle società, si garantirà la soluzione di tutti i problemi del settore. A parte che, come ha detto Fabrizio Mucchetti sul Corriere, è un po' ridicolo dire che l'acqua resta "pubblica", quando chi la eroga è un privato e quindi il cittadino ne può usufruire solo tramite questo soggetto.

 

 

Lo scorso 21 maggio a Roma è stato presentato, alla presenza del Ministro Brunetta, il IX Rapporto Pit Servizi, appuntamento ormai consueto per fare il punto nei rapporti tra cittadini e servizi di pubblica utilità (Pubblica Amministrazione, servizi locali, telecomunicazioni, banche, energia elettrica e gas, trasporti, assicurazioni). L'evento è stato molto seguito sia dagli interlocutori che dagli organi di informazione, tanto che il Corriere della Sera ha dedicato un'intera pagina e la trasmissione "Porta a porta" ne ha citato i dati.

 

Il Ministro Brunetta ha annunciato di voler promuovere la fase due del suo “piano industriale”: non più solo lotta ai fannulloni e agli assenteisti, ma premi per i bravi e valutazione del merito. Tra i bravi, i cui nomi sono stati pubblicati nel sito del Ministero ci sono andati a finire anche alcuni amici di Cittadinanzattiva, funzionari (come Maria Sasso dell’Assessorato alla trasparenza e alla cittadinanza attiva della Regione Puglia o Mauro Bonaretti, direttore del Comune di Reggio Emilia) ed enti, il più significativo dei quali è la Asl di Nuoro per aver fatto l’audit civico con noi.
Ma la fase due riguarda anche la valutazione ed è su questo tema che il Ministro si è voluto confrontare con Cittadinanzattiva.

 

Perché, nonostante i reiterati tentativi - ultimo quello del Ministro Brunetta - è così difficile e controverso riformare la Pubblica Amministrazione? Dagli anni '90 di leggi e di provvedimenti ne abbiamo visti tanti: basta ricordare il lavoro di Cassese, la Direttiva Ciampi, parte delle leggi Bassanini. Autocertificazione, trasparenza degli atti amministrativi, customer satisfaction, responsabilità dei dirigenti, le carte dei servizi, i premi di produttività, conferenze annuali dei servizi aperte al pubblico, ufficio per le relazioni con il pubblico. I cittadini italiani si augurano, e noi con loro, che il nuovo Ministro riesca nel suo difficile intento di far funzionare la Pubblica Amministrazione, ma, dopo molte illusioni e delusioni, ci domandiamo se basti quanto messo in campo da Brunetta, o se al contrario non sia necessario rompere la autoreferenzialità di questo settore così importante della vita pubblica.

 

 

290 euro al mese che, considerando 10 mesi di utilizzo del servizio, portano la spesa annua a famiglia a circa 3.000€. Tanto costa mediamente in Italia mandare il proprio figlio all'asilo nido comunale, fra difficoltà di accesso, alti costi e disparità economiche tra aree del Paese difficili da giustificare: in una provincia, la spesa mensile media per il tempo pieno può avere costi anche tre volte superiori rispetto ad un'altra provincia, e doppi tra province nell'ambito di una stessa regione. Ad esempio, a Lecco la spesa per la retta mensile, di 572€, è più che tripla rispetto a Roma (146€) e più che doppia rispetto a Milano (232€).

 

All’indomani della legittima preoccupazione manifestata dai vertici della Autorità dell’energia elettrica e del gas relativa al rischio che le imprese potessero trasferire interamente sui prezzi il peso fiscale derivante dalla Robin Tax con gravi ripercussioni per le tasche dei cittadini, un emendamento della Lega ha rischiato di decapitare l’importante Autorità di Regolamentazione.La motivazione del contenimento della spesa e della riduzione degli organi collegiali, è sembrata da subito solo un pretesto. Solo nella nottata poi, dopo la reazione delle associazioni di consumatori, ma anche del mondo dell’impresa l’emendamento scellerato è stato stralciato.

 

 

È una buona notizia quella che i cittadini non abbiano abbandonato la farmacia: allontana definitivamente lo spauracchio del consumismo farmaceutico che, secondo i detrattori delle liberalizzazioni, sarebbe stato prodotto dalla vendita dei farmaci nella grande distribuzione. Ma proprio per questo usare l'argomento per andare contro le liberalizzazioni ci sembra un controsenso. Piuttosto bisogna procedere su questa strada, anche alla luce della diminuzione dei prezzi che non si sarebbe altrimenti mai avuta, soprattutto all'interno delle farmacie, e considerare in modo unitario i temi dell'accesso, della qualità e del costo dei farmaci, intervenendo per esempio sul canale della distribuzione.

 

 

È un ruolo assai delicato quello delle Autorità: si tratta di enti amministrativi indipendenti, che hanno il compito di svolgere una importantissima funzione di regolamentazione e tutela di interessi collettivi in settori nevralgici, soprattutto del mondo economico. Sono per funzioni e per organizzazione indipendenti dal Governo e organizzano, regolamentano e controllano quei mercati di servizi che ogni giorno il cittadino utilizza ad esempio la luce e il gas, il settore della telefonia, il mondo dell'informazione, o garantiscono il rispetto delle regole in ambiti fondamentali quali la concorrenza e il mercato (Antitrust) o la tutela dei dati personali.

 

 

La prima valutazione civica in Europa sull’operato delle Autorità di energia (gas ed energia elettrica), telecomunicazioni, servizi postali e trasporto aereo operanti in otto Paesi europei (Italia, Spagna, Regno Unito, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Cipro, Romania) viene presentata il 31 gennaio 2008 presso il Parlamento Europeo alla presenza di esponenti della Commissione Europea, delle stesse Autorità nazionali, di europarlamentari e Associazioni dei consumatori. Autorità Nazionali di Regolamentazione spesso incapaci di contrastare comportamenti anticoncorrenziali, ma anche lente nel sanzionare e pigre nel monitorare e valutare la qualità dei servizi.

 

 

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Che la liberalizzazione dei servizi fosse una politica difficile da realizzare in un’Italia corporativa e protezionista, lo si sapeva. Che addirittura essa si concretizzasse in termini opposti a quanto i cittadini auspicavano, era proprio difficile immaginarlo. Eppure a Roma con i tassisti è successo proprio questo. Dopo una trattativa che dura da 16 mesi, il Comune ha promesso di concedere al servizio taxi un aumento del 18% delle tariffe (già alte rispetto ad altri Paesi europei), sia in città che fuori raccordo, dove il tassametro corre molto più veloce, e addirittura la maggiorazione di 2 euro sulle medesime se si sale in taxi alla stazione Termini. In cambio di che? Molto poco: una promessa da parte del Comune di emettere altre 500 licenze in tempi non definiti.

 

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