In base alle disposizioni contenute nella legge n. 40 del 2004 viene negata la possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie portatrici di patologie genetiche, per evitare di trasmettere ai rispettivi figli rilevanti anomalie o malformazioni di cui essi siano portatori sani. Discriminazione o no?

A sanare la questione è intervenuta la recente sentenza della Corte Costituzionale, n. 96 del 14 maggio 2015, le cui motivazioni sono state depositate lo scorso 5 giugno. Con la pronuncia adottata la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità del divieto di accesso – in particolare alla diagnosi pre-impianto – contenuto nella legge 40, aprendo la strada alle tecniche delle fecondazione assistita anche alle coppie fertili che siano affette da patologie genetiche sussistendo, secondo i giudici, “un insuperabile aspetto di irragionevolezza” ed un “mancato rispetto del diritto alla salute della donna”.  Leggi di più

 

Valentina Ceccarelli
Classe '78, romana e romanista doc. Laureata in Giurisprudenza, è a Cittadinanzattiva dal 2009. Impegnata nella tutela dei diritti dei cittadini, è consulente del Pit Unico e si occupa delle tematiche di Giustizia per la newsletter. Appassionata di libri, cucina e danza orientale, è convinta che il mondo non si possa cambiare restando seduti.

Condividi

Potrebbe interessarti