La mediazione obbligatoria è tale poiché per alcune materie, tassativamente individuate, rappresenta un passaggio necessario prima di adire il giudice. La legge di riferimento (D.lgs. n. 28/2010) prevede che tale istituto debba avere una durata massima di tre mesi.  Ma è la stessa legge che non specifica quali siano le conseguenze in caso di sforamento di tale tetto temporale. Ci ha pensato così il Tribunale di Roma che, con la pronuncia del 22 ottobre 2014 recentemente depositata, ha chiarito quello che potrebbe porsi come un equivoco. Per i giudici il termine di tre mesi non può essere considerato come condizione di validità dell’accordo che rimane valido anche qualora raggiunto fuori tempo.

Il tetto dei tre mesi è indicato dalla legge solo ai fini della cosiddetta “condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria”: in buona sostanza, prima di tre mesi dall’inizio del procedimento non si può avviare la causa in tribunale. Diversamente, a partire dal primo giorno successivo a tale tetto - 3 mesi e 1 giorno - la parte potrebbe, eventualmente, lasciare il tavolo delle trattative e rivolgersi al giudice. O addirittura farlo nonostante pendano i tentativi di componimento bonario davanti all’organismo di mediazione.

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Valentina Ceccarelli
Classe '78, romana e romanista doc. Laureata in Giurisprudenza, è a Cittadinanzattiva dal 2009. Impegnata nella tutela dei diritti dei cittadini, è consulente del Pit Unico e si occupa delle tematiche di Giustizia per la newsletter. Appassionata di libri, cucina e danza orientale, è convinta che il mondo non si possa cambiare restando seduti.

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