cie ponte galeria

Non basta il pericolo del terrorismo, le tratte, i sequestri e le violenze di cui sono vittime nel loro Paese di origine per giustificare la loro permanenza in Italia. Sono state così rimpatriate circa venti donne nigeriane – delle sessantacinque giunte lo scorso 26 luglio – dopo essere state rinchiuse nel Centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Ponte Galeria a Roma, sulla base di un criterio per cui, quando i centri CARA per richiedenti asilo sono troppo pieni, i migranti intercettati in mare o durante gli sbarchi vengono portati nei CIE.

Rimpatrio immediato, dunque, senza alcuna possibilità di chiedere protezione e senza nessun proposito di accoglienza. Il caso è stato denunciato e seguito dall’Associazione Antigone e dalla campagna LasciateCIEntrare, ma alle donne è stato negato il diritto di asilo, perché la Nigeria (ma credevamo il contrario) non è tra i Paesi in guerra da cui scappare per violenze e persecuzioni. Segue: l’Italia non è un Paese che accoglie, almeno in questo caso. Leggi la vicenda

Valentina Ceccarelli
Classe '78, romana e romanista doc. Laureata in Giurisprudenza, è a Cittadinanzattiva dal 2009. Impegnata nella tutela dei diritti dei cittadini, è consulente del Pit Unico e si occupa delle tematiche di Giustizia per la newsletter. Appassionata di libri, cucina e danza orientale, è convinta che il mondo non si possa cambiare restando seduti.

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